Immersioni nel Golfo di Orosei

La secca di Osala

Latterini, Secca di Osala

Latterini, Secca di Osala

Si tratta di una vasta secca, tra i 16 ed i 24 metri, con caratteristiche rocce basaltiche che si alternano a massi granitici e prateria di posidonia. Biologicamente ci troviamo di fronte ad una vera chicca, sono abbondantemente rappresentate tutte le specie presenti nei bassifondi sardi: castagnole, sciarrani, triglie, sparidi, donzelle, talassoma, boghe, mennole, crenilabrus, cernie, gronghi, murene. Le parti in ombra delle rocce sono conquistate da poriferi e briozoi, la posidonia intorno offre rifugio a grosse pinne nobilis ed è frequente l’incontro col raro nudibranco Phyllidia flava. Ormai divenuto stanziale uno splendido branco di argentei barracuda.

Il Relitto del KT

Scorfano (Scorpaena scrofa)

Scorfano (Scorpaena scrofa)

Era il 10 giugno del 1943 quando, verso le dieci del mattino, un fortissimo boato scosse la cittadina di Orosei. Uno dei tre siluri lanciati dal sommergibile inglese Safari aveva centrato il bersaglio. Fu così che il KT 12 affondò, mentre trasportava automezzi e carburante per le truppe tedesche che combattevano in Africa settentrionale. Gli anziani della zona conoscono il relitto come “la petroliera”, poiché i fusti di petrolio spiaggiati furono recuperati e fornirono carburante alle macchine agricole per molto tempo.
Dal punto di vista umano fu una vera tragedia: il furioso incendio che scaturì non lasciò scampo agli uomini d’equipaggio ed i pochi superstiti perirono per le gravissime ustioni riportate. Solamente tre uomini si salvarono, quelli che riuscirono a buttarsi in mare prima dell’esplosione, grazie al fatto che scorsero le scie dei siluri in arrivo. Un siluro staccò di netto la prua, facendola affondare immediatamente mentre le macchine ancora in funzione spinsero poco più in là lo scafo, da cui caddero in mare, durante il breve tragitto prima della scomparsa sotto la superficie, numerosi automezzi e bidoni di petrolio. Questa dinamica dell’affondamento è stata ricostruita attraverso le testimonianze di un anziano abitante di Orosei (il signor Giovanni Mele) e con l’esplorazione dei fondali dove è avvenuto il fatto. I siti principali sono tre, raccolti nel raggio di meno di mezzo miglio marino: lo scafo, la prua, la zona degli automezzi e del gruppo elettrogeno. Lo scafo giace in assetto di navigazione su un fondale di circa 30 metri. Le eliche, poste alla massima profondità raggiungibile, sono a 34 metri, parzialmente infossate nella sabbia. Il ponte è posto a circa 20 metri di profondità ed è di solito visibile fin dalla superficie. Il cannoncino, ancora perfettamente integro, è il reperto più “simbolico”, ma durante l’immersione potrete notare l’ancora di rispetto, il timone, le mitragliatrici, potrete entrare nelle ampie e sicure stive e con un poco di attenzione nella sala macchine, dove sono visibili i motori, alcuni manometri ed altre strumentazioni. Tra le lamiere del castello vivono stanziali belle corvine, mentre saraghi e dentici fanno i guardiani all’esterno. Murene, gronghi, cicale, granseole, cernie brune si scambiano le innumerevoli tane che le lamiere contorte mettono a disposizione. In estate sono sempre presenti numerosi pesci balestra e branchi di ricciole, quando il traffico nautico non è eccessivo. La prua si trova a circa 400 metri di distanza, alla stessa profondità del relitto, inclinata sul lato sinistro. E’ letteralmente avvolta da un’allegra nuvola di castagnole, le lamiere sono incrostate di alghe e sargassi nelle zone più illuminate e di spugne e madreporari nelle parti in ombra. Nella parte più interna, in cui ci si può introdurre con molta attenzione, vive un gruppo d’eleganti e grosse corvine. Murene, gronghi, mustele e piccole cernie sono gli altri abitanti osservabili tra le lamiere. La terza zona d’interesse subacqueo vede appoggiati al fondo un paio d’automezzi ed il gruppo elettrogeno, con numerosi bidoni “satelliti”. La profondità e la fauna non variano rispetto alle immersioni precedenti, ma qui è più facile incontrare belle aragoste e, nella posidonia circostante, grossi esemplari di Pinna nobilis.

Le Gorgonie

Bavosa (Blennius rouxi)

Bavosa (Blennius rouxi)

Una lunghissima cigliata corre parallela alla costa, originando una coreografica parete tra i 17 ed i 24 metri di profondità. Il fondo è di sabbia chiarissima, con rocce sparse e verdi ciuffi, mentre la parte alta della cigliata è delimitata da un’estesa e rigogliosa prateria di posidonia. Innumerevoli le tane e le fenditure abitate da cerniotte, corvine, gronghi e murene. Frequenti aragoste e cicale. Tra gli organismi bentonici prevalgono gorgonie gialle, margherite di mare, spugne e briozoi.

La Galleria

Immersione semplicissima ma interessante, che conduce all’esplorazione di due passaggi scavati all’interno della roccia; la profondità massima arriva a 13 metri. Nelle zone più oscure possiamo individuare cipree, gamberi meccanici, magnoselle e molte spugne. All’uscita dei tunnel la volta è ricoperta da una colonia di Parazoanthus axinellae. A poca distanza dalla parete nella quale si aprono le grotte ci s’imbatte in una caratteristica spiaggia fossile: lastroni rocciosi accavallati uno sull’altro creanoprofondi nascondigli divenuti dimora di corvine, cerniotte e saraghi.