Immersioni a Santo Stefano

Il BR 20

BR 20

BR 20

Il relitto del BR 20 giace a 47 metri di profondità, di fronte al paesino di Santo Stefano al Mare, a circa un miglio e mezzo dalla costa. E’ l’ultimo esistente, scomparso questo, non resterà che la memoria del bombardiere Fiat BR 20. L’aeroplano fu affondato nella mattinata del 13 giugno del 1940. Verso le ore 10 i BR 20 del 13° stormo decollavano dal campo di Cascina Vaga nel pavese, per attaccare la base navale di Tolone ed i campi d’aviazione della Francia meridionale. Il piano d’attacco fu stravolto dalle avverse condizioni meteo ed il 43° gruppo d’assalto arrivò sull’obiettivo
in ritardo ed isolato dagli altri, trovando in agguato i caccia dell’aviazione francese. Due aerei furono abbattuti da tre Dewoitine D520 nemici in agguato, colpiti nei pressi dell’isola di Porquerolles: uno affondò presso l’isola francese e l’altro di fronte a Santo Stefano al Mare. L’aereo, per la precisione il MM 21503, con il motore destro fuori uso, la torretta della mitragliatrice centrale bloccata e tre aviatori feriti, tra cui il comandante, cercò di rientrare, pilotato dal motorista e dal secondo pilota. Riuscì a rientrare negli spazi aerei italiani ma anche il motore sinistro cedette. L’ammaraggio fu violentissimo, il vetro della cabina di pilotaggio si sfondò e l’aereo affondò in pochi minuti. Si salvarono, soccorsi da pescatori, il motorista Farris ed il secondo pilota maresciallo Aliani.  Perirono, senza mai più essere trovati, il comandante, tenente Catalano, il sergente maggiore Ferrari ed il primo aviere marconista Gaeta. E’ un’immersione impegnativa, la corrente può essere così forte da rendere obbligatoria la discesa lungo un cavo, regalando però una visibilità straordinaria. L’apparire dell’inconfondibile sagoma dell’aereo, che risalta incredibilmente sul fondo chiaro, simulando un grosso scheletro adagiato sulla sabbia, è un’emozione straordinaria. La tela che rivestiva l’aereo è stata distrutta dal logorio del mare e dal naufragio, lasciando scoperte tutte le parti metalliche, che offrono rifugio a molti animali e sono un ottimo substrato per la crescita di spugne, soprattutto della specie Verongia cavernicola. Le due eliche a tre pale sporgono dal fondo e sono sicuramente la parte più spettacolare del relitto. Visto frontalmente l’aereo sembra in posizione di decollo, con le ali integre e le eliche perfettamente visibili; sembra quasi impossibile che l’impatto con la superficie e il tragitto verso il fondo non abbia spezzato in più tronconi la struttura. Posteriormente alle eliche, nella parte visibile dei motori, si sono insediati alcuni grossi gronghi ed alcune murene, ormai avvezzi alla presenza dei subacquei. Girovagando tra le lamiere spicca l’abbondante presenza di scorfanotti (Scorpena notata) e di grossi scorfani rossi (Scorpaena scrofa). Sotto l’ala sinistra dell’aereo, tra il motore e la carlinga, un grosso astice si è ricavato una profonda e sicura dimora. Anche un bel gattuccio rientra negli incontri abituali di quest’immersione. In primavera sono frequenti le granseole (solitamente appoggiate sulle ali) e le rane pescatrici. Fortunatamente le strutture metalliche sono del tutto prive di reti abbandonate, consentendo al subacqueo di non preoccuparsi di uno dei più frequenti pericoli che accompagnano le immersioni sui relitti. Solamente qualche residua lenza di nylon è adagiata di fianco alle strutture metalliche. All’interno della carlinga si riconoscono perfettamente i sedili del pilota e del copilota. L’intelaiatura metallica della fusoliera origina nicchie rettangolari che ospitano sempre piccole aragoste. Dirigendosi verso la coda dell’aereo s’incontra la mitragliatrice, calibro 12,7, anch’essa completamente incrostata da spugne. Tra le strutture tubolari dell’intelaiatura metallica, semisommersa nella sabbia, giace una scatola di munizioni. Sui tubi che costituivano l’intelaiatura delle ali sono sempre presenti grossi e coloratissimi esemplari di Scorpena scrofa. Pinneggiando lungo lo scheletro si arriva alla coda dell’aereo, dove si riconoscono gli alettoni direzionali.

Il Giardinetto

Il Giardinetto

Il Giardinetto

Una delle più belle è sicuramente il Giardinetto, una cigliata bassa, in alcuni tratti quasi indistinguibile, se non per la presenza delle gorgonie, che sono attaccate alla roccia e non alla sabbia. Il primo tratto si rivela come una distesa infinita d’esemplari d’Eunicella cavolinii dotati di particolare bellezza. Tra queste nuotano libere tranquille murene. Alcuni tratti di fondale sono letteralmente ricoperti di ricci saetta (Stylocidaris affinis) che stagionalmente raggiungono concentrazioni sorprendenti. Sono frequenti coloratissimi scorfani, che cacciano tra le fitte nuvole d’Anthias.
Successivamente, si entra in una zona, identica per conformazione morfologica, dove le eunicelle sono sopraffatte dalle paramuricee, dapprima di piccole dimensioni, poi sempre più grandi, fino ad alcuni grandissimi esemplari, su cui solitamente vivono meravigliosi esemplari della stella gorgona, Astrospartus mediterraneum, che ritengo essere una delle forme di vita più affascinanti del Mediterraneo. Di solito l’ottima visibilità permette di vedere molto bene gli scogli circostanti e di allontanarsi dall’ancora dirigendosi verso le rocce che sembrano più interessanti.

Il Fusto

Musdea

Musdea

Più vicino alla costa si trova Il Fusto, un grosso panettone roccioso dove si raggiunge la profondità massima di 54 metri. Lo scoglio è ricoperto di grandi rami di gorgonia rossa (Paramuricea clavata) in mezzo ai quali vive un esemplare stanziale, di grandi dimensioni, di musdea (Phycis phycis). Alla base dello scoglio si trovano numerose tane abitate da gronghi (Conger conger), gamberetti meccanici (Stenopus spinosus) e galatee di fondale (Munida rugosa). Numerose aragoste (Palinurus vulgaris) fanno capolino   dalle    tane   presenti   e  non   è   infrequente  scorgere esemplari d’astice(Homarus gammarus). Staccandosi dal panettone e percorrendo un breve tratto di circa 20 metri sul fondo sabbioso (ricchissimo d’esemplari di gorgonia bianca, Eunicella verrucosa, molto abbondanti in questa fascia di profondità), si arriva ad una cigliata di circa un metro d’altezza, a forma di lingua. Da un lato troviamo un ambiente coralligeno particolarmente abbondante di spugne (Verongia aerophoba in particolare) dove la conformazione molto frastagliata offre rifugio a murene, gronghi, aragoste e galatee.Dall’altro lato della lingua rocciosa, la cigliata si colora di rosso grazie alle numerose paramuricee, più piccole rispetto al panettone ma in ottima salute. I filamenti di un uovo di gattuccio (Scyliorhinus canicula) sono addirittura inglobati dal cenosarco della gorgonia (fatto tutt’altro che frequente da osservare, testimone della rapida crescita del celenterato). Le uova di gattuccio sono sempre abbondanti, e spesso si possono osservare pacifici esemplari di questo piccolo squaletto riposare tranquillamente nelle tane alla base della cigliata